Mondo in versi: the poetry journalism, rubrica di Benny Nonasky.
La Storia umana è racchiudibile in pochi passaggi, brevi momenti o gesti di comando, “ciclica” come afferma Kundera, kafkiana, intrisa di dicotomie e disfunzioni biologiche, ricordi in lapide e feti in ostaggio di un peccato primordiale e perpetuato in un costante crescendo, dove “l’Assurdità regna e l’Amore perde” come scriveva Camus. […]
In questa rubrica parlo della Storia umana. Lo faccio con il verbo della poesia, il linguaggio che più mi appartiene e più mi soddisfa. Sarà una poesia di fatti, surreale, ironica, drammatica. Come il mondo. Dove l’amore è il racconto dell’odio, di quello che non si vuol vedere, dove l’estetica e la parola sono impegno e denuncia.
L’Italia sta vivendo momenti intensi di scombussolata pazzia. Non c’è più una regola e tutto il sistema politico, economico, giudiziario e socioculturale è alla deriva. Si sta arrugginendo. Presto arriveranno i gabbiani a covare e le mangrovie prenderanno il posto dei comandi. Sembra un elefante impazzito che corre distruggendo ogni cosa che trova davanti al suo passaggio. Non c’è linearità né perseveranza. Le scelte vengono fatte a mo’ di dispetto o a suon di tweet. Oppure ognuno si fa i fatti propri e amen. Tanto c’è sempre qualcuno che ci dirà che va tutto bene. E noi saremo lì, ammaliati dalla sua bellezza, ad applaudire e a farci due risate. Tanto i comici sono bravi a farli un po’ tutti.
.Made in Italy.
Esiste una piramide dove il sole
non coglie mai la base.
Lì s’incrocia spesso gente che cerca abbracci.
In alto, invece, risiedono bestie grosse
che non tendono – massimo per
convenienza – mai le braccia. Amano
inebriarsi della luce che il cielo offre.
Amano sputare sulle teste, oscurare la luce
col verbo del pene, dell’asinaggine, del
San Michele Arcangelo igneo e sanguinante.
Lo fanno con spietata tranquillità.
Grugniscono e cacano sulle promesse.
Vantandosene.
Un posto strano questo.
In giro crollano i cuori e i disgraziati che
si trovano in basso vagano tra le macerie –
sempre e comunque – in cerca di calore e
ciechi – sembra, e comunque – davanti
all’uomo che spolpa il feto
sotto la luce del sole.
(Costrizione voluta? Abitudine?
Atassia inversa?)
C’è sconforto.
“Cosa sono?
A che servo?
Dove andrò?”
Qualcuno rimpiange la monotona battuta. Dicono:
“Cosa siamo stati?
A cosa siamo serviti?
Dove hanno ficcato
quella maledetta ruota?”
Altri smaltiscono la sbornia
dentro i Centri per l’Impiego.
Altri aspettano il loro turno
nella Stanza dei Sogni.
Le pratiche sono ammassate
sulla scrivania.
Il Direttore si è suicidato.
Doveva chiudere.
Proprio una brutta storia.